La didattica al tempo del coronavirus

La didattica al tempo del coronavirus

Dieci condizioni per non snaturare la scuola e superare l’emergenza

1. Emergenza non è precipitazione

Non sappiamo fino a quando si prolungherà la condizione di eccezionalità in cui è stata messa la scuola. Perciò occorre prepararsi senza prendere iniziative affrettate, che in qualche caso potrebbero essere opportune ma in altri rischiano di essere perfino dannose.

2. Riconoscere ruoli e compiti

Possiamo nutrire dubbi sulla capacità degli organi di governo della scuola (Ministero, Assessorato, Dipartimento) di gestire la situazione emergenziale che è stata decretata tenendo conto delle diverse problematiche che essa comporta. Però non possiamo nemmeno pensare che dirigenti scolastici e docenti si sostituiscano alle responsabilità degli organi di governo. Quindi non bisogna strafare: ad ognuno le sue responsabilità, che sono ben distinte tra docenti, dirigenti e governo.

3. La collegialità non è facoltativa

L’ultimo decreto del governo (DPCM 4 marzo 2020 art. 1. lett. d) parla di “possibilità” della didattica a distanza; la lettera g) stabilisce che “i dirigenti scolastici attivano, per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche nelle scuole, modalità di didattica a distanza”. Questo non significa che in nome dello “stato d’eccezione” i dirigenti possano decidere da soli: le modalità didattiche rimangono di competenza del collegio docenti, che in questa situazione è chiamato a responsabilizzarsi, riunendosi nel rispetto delle disposizioni in materia di igiene e sicurezza.
Infatti, in base al Protocollo d’intesa tra tutti i sindacati della scuola in Trentino e l’Assessorato (5 marzo), i dirigenti devono concordare le iniziative con gli organi collegiali (collegio docenti e sue articolazioni e consigli di classe).
Il principio è: la responsabilità delle scelte didattiche spetta ai docenti. L’applicazione di tali scelte (mezzi, organizzazione) è compito dei dirigenti scolastici, non viceversa.

4. Prendersi il tempo necessario

La responsabilità didattica è cosa seria: i docenti non devono abdicare a questa responsabilità accettando proposte senza riflessione e confronto. Ci vuole tempo? È un tempo necessario. Occorrono riunioni straordinarie degli organi collegiali? Di sicuro – ed è compito dei dirigenti convocarle e organizzarle nelle modalità adeguate alla situazione. Ad ognuno le sue responsabilità e i suoi compiti, specie nelle emergenze, altrimenti sarà il caos.

5. Scelte efficaci e praticabili

Occorre riflettere su quali siano le scelte concretamente più efficaci e al tempo stesso praticabili: gli studenti non possono passare le giornate davanti al computer e non in tutte le famiglie c’è un computer per ogni figlio, né un’adeguata copertura di rete. Non può essere la scuola a creare o alimentare il “digital divide”. Senza dimenticare i rilevantissimi problemi di privacy sia per quanto riguarda gli studenti che per i docenti (diversi video stanno già girando in rete).

6. Mezzi proporzionati ai fini

Occorre che le scelte didattiche siano proporzionate ai diversi livelli e tipi di scuola; alle diverse materie e alle loro finalità specifiche, tenendo conto che si tratta di soluzioni tampone e provvisorie. Non stiamo improvvisando una scuola telematica ma solo rimediando a un problema circoscritto (la sospensione delle attività a scuola). In ogni caso non bisogna scambiare i mezzi tecnici per i fini della didattica.

7. Didattica impoverita?

Non è detto che le lezioni “a distanza” siano l’unica scelta, né quella più sensata. Riflettiamo sul carattere di tali “lezioni”: non è “realtà aumentata”, è scuola impoverita. Non c’è reale interazione con gli studenti o l’interazione è estremamente ridotta. La trasmissione è a senso unico. Le lezioni sui “canali” youtube non sono scuola a distanza, sono “tutorial”. Se ce ne dimentichiamo vuol dire che ci siamo dimenticati cosa sia la scuola: rapporto personale docente-studente e tra studenti.
Quindi, in un periodo che impone separazione, più che parlare di didattica a distanza proviamo a ridurre la distanza tra scuola e ragazzi. Per restare comunità educante unita, nel tempo del coronavirus.

8. E la verifica?

La scuola però è anche verifica degli apprendimenti e valutazione: come si possono realizzare questi obbiettivi “a distanza”? Ne abbiamo i mezzi? È possibile per tutte le materie?
Sono domande da fare ai dirigenti troppo intraprendenti e a noi stessi.

9. La scuola non è una balia

Potrebbe darsi che la sospensione delle lezioni, quantomeno nelle scuole superiori, sia un’occasione per spingere i nostri allievi, grandi e piccoli, ad essere autonomi. L’autonomia nello studio è uno dei principali fallimenti della scuola attuale (o una carenza, se vi piace di più). Ma la scuola non è una balia.
Allora cogliamo l’occasione per far lavorare gli studenti in autonomia; poniamo problemi e non soluzioni; facciamo produrre, non assimilare.
Non possiamo seguire lo studio passo passo? Bene: gli studenti devono arrangiarsi un po’ e questo li farà crescere – specie se questa situazione dovesse prolungarsi.

10. Appuntamenti, non orari da caserma

Modalità del genere sono vera scuola e sono meno invasive delle video-lezioni: richiedono appuntamenti, non orari fissi, e lasciano a studenti e famiglie la possibilità di organizzarsi con più flessibilità (pensate anche ai fratelli maggiori che accudiscono quelli più piccoli).
Una volta si polemizzava contro le scuole-caserme: vogliamo una caserma telematica?